La Serie Con il suo debutto nella major league di baseball proprio dietro l'angolo, un lanciatore famoso finisce in prigione e deve imparare a navigare nel suo nuovo mondo. La storia si snoda attorno alle vicende di Kim Je-hyeok, brillante promess...
La Serie
Con il suo debutto nella major league di baseball proprio dietro l'angolo, un lanciatore famoso finisce in prigione e deve imparare a navigare nel suo nuovo mondo.
La storia si snoda attorno alle vicende di Kim Je-hyeok, brillante promessa del baseball professionistico che viene condannato ingiustamente ad un anno di reclusione proprio mentre sta facendo il suo ingresso nel massimo campionato nazionale; sarà durante tale periodo che lo sportivo avrà modo di maturare sotto molti punti di vista, comprendendo sempre più profondamente ciò che significa davvero vivere secondo determinate regole ferree e spesso assurde.
La premessa drammatica, apparentemente banale, prende però piega ben presto aprendosi a svariate sfaccettature sociali e psicologiche; tra queste ultime meritano particolare menzione quelle relative ai meccanismi relazionali vigenti entro le mura carcerarie, dove persino i rapporti d’amicizia possono nascondere velenose rivalità.
Grazie anche agli eccellenti dialoghi, mai troppo articolati né retorici, «Prison Playbook» si dimostra capace di affascinare senza cadere nei cliché tipici del genere penitenziario; pur mantenendosi fedele alle sue origini coreane, infatti, il serial riesce a parlare universalmente di concetti come la libertà personale, la fratellanza umana e la necessaria accettazione delle normative imposte dallo Stato.
Tutti argomenti certamente noti, ma riproposti nell’ambientazione carceraria rendono lo show ancora più incisivo e pregnante di senso.
Lasciandoci alle spalle l’analisi contenutistica, possiamo osservare come anche sul piano tecnico «Prison Playbook» sia stato realizzato magistralmente.
L’ottima fotografia accompagna sapientemente ogni singola sequenza, contribuendo ad enfatizzare efficacemente la tensione emotiva presente nelle scene chiave.
Il montaggio lineare, privo di virtuosismi superflui, permette uno sviluppo fluido della narrazione concentrandosi principalmente sulla costruzione dell’intreccio e sullo studio approfondito dei personaggi.
A tal proposito va segnalata l’interpretazione straordinariamente intensa degli attori protagonisti, in grado di calarsi perfettamente negli abiti dei loro alter ego virtuali.
Da ricordare inoltre la presenza di alcune guest star, anch’esse perfettamente integrate nel tessuto generale dello show.
Nonostante si tratti soltanto di una miniserie composta da sedici episodi, «Prison Playbook» è stata in grado di lasciare un importante segno nella cinematografia asiatica contemporanea.
Merito indiscusso va riconosciuto sia all’autorialità originale del format, ispirato liberamente al celebre romanzo francese “I miserabili” di Victor Hugo, sia all’abilità produttiva del team creativo, responsabile di aver portato avanti un progetto ambizioso con coerenza e rigore artistico.
Ciò emerge nettamente dall’attenzione meticolosa rivolta tanto all’aspetto estetico quanto a quello contenutistico, entrambi curati con grande professionalità ed elevata consapevolezza del potenziale offerto dalla piattaforma streaming globale.
In definitiva, possiamo considerare «Prison Playbook» come una piccola gemma nascosta nel panorama seriale odierno.
Pur essendo incentrato su dinamiche squisitamente orientali, lo show riesce comunque a raggiungere livelli altissimi di emozionalità universale, offrendo così un ottimo punto di partenza per coloro che volessero addentrarsi nel variegato universo della fiction coreana.
Per tutti questi motivi – concludo – vale decisamente la pena concedergli un po’ del nostro tempo prezioso.
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